Rimane il fatto che la loro importanza non è trascurabile, in quanto rappresentano l’asset fondamentale per l’azienda che vuole differenziarsi e rendersi riconoscibile sul mercato.
Come tutte le cose, anche la marca è in continua evoluzione, non si ferma mai, incontra crisi per poi evolversi e cambiare radicalmente forma e scopo. C’è da chiedersi solo a che punto del suo cammino si trovi in questo momento.
Noi lo abbiamo fatto e ci siamo rivolti a Sergio Tonfi, esperto nel campo dei Brand e del marketing con una lunga carriera nelle grandi multinazionali – Nabisco, Kraft, Mondadori, gli ultimi 20 anni in Philips come responsabile della comunicazione – e Professore del corso di Comunicazione Aziendale all’Università LIUC. Da circa tre anni riveste il ruolo di Editor e Promoter per Superbrands, iniziativa nata nel Regno Unito nel 1994 e diffusa ormai in più di 80 paesi, che si propone di aggregare le eccellenze di Brand e di promuoverne il valore sul mercato.
La particolarità di questo programma è quella di raccontare i grandi Brand non solo dal punto di vista dell’offerta di prodotto, ma ripercorrendone la storia di successo, gli obiettivi e le strategie, le persone, l’organizzazione e così via.
I requisiti per essere eleggibili in questo “Club delle eccellenze di Brand” sono essenzialmente tre: innovazione, autenticità e responsabilità sociale.
Nel tempo la sensibilità al valore del Brand è cambiata? È aumentata, si è ridotta o è rimasta invariata?
“C’è stato un momento di rallentamento, ma oggi siamo già usciti sostanzialmente da questa relativa crisi del valore della marca, perché la gente ama e vuole vivere con le marche. Questa è una condizione prevalentemente emotivo-psicologica; parlando del mercato occidentale, noi viviamo in un mondo in cui le marche ci aiutano a vivere meglio, a fare delle scelte migliori.”
Più in generale, come si è evoluta la comunicazione del Brand?
“Si è evoluta in maniera radicale dopo l’esplosione del digitale, che possiamo considerare come un vero momento di passaggio. Prima il Brand era presuntuoso, pensava che bastasse dire qualcosa e la gente l’avrebbe sicuramente capita e avrebbe agito in termini di acquisto e consumo.
Oggi questa cosa è stata del tutto scardinata, c’è stata una vera disruption totale. La comunicazione non è più top down, ma è diventata orizzontale. La marca deve porsi allo stesso livello dell’individuo, cercare di parlare come un vero amico. Ovviamente per esserlo, deve conoscerci, quindi è necessario anzitutto ascoltare per dialogare.
Il dialogo di Internet permette di mandare messaggi, magari mirati, e misurare le risposte in maniera assai più precisa. Ma ha soprattutto scardinato l’idea che il Brand sia capace di controllare tutta la sua comunicazione. In realtà oggi lo fa sempre più parzialmente, in quanto la gente parla di Brand anche quando il Brand non c’è, in un mondo che è always on, 24/7.
Dal punto di vista della comunicazione, i messaggi cercano di entrare sempre di più nella vita degli individui attraverso le emozioni che questi vivono. Entrano in sintonia con la vita dei consumatori, sono life-orientend.
Prendiamo ad esempio una categoria che presenta diversi problemi di reputazione, quella delle banche. Sono sempre state considerate fastidiose, autoritarie, difficilmente accessibili. Però quelle che sono riuscite a creare un sistema gestionale online, come CheBanca! o ING Direct, che non a caso sono entrambe tra i Superbrands, ci hanno aperto le porte ad una reale semplificazione della vita. Ho l’impressione che il sistema della comunicazione si stia rivoluzionando davvero a favore di una maggior autenticità e che anche queste istituzioni stiano cercando di esserci più “amici”, che intendano davvero capirci e aiutarci nella nostra quotidianità.”
Parlando di strategia digitale: quando è efficace?
“Oggi è difficile parlare di strategia digitale in quanto ormai la strategia è digitale, nel senso che non se ne può più fare a meno. Chiunque tu sia, devi tener conto che oggi il mondo è digitale e le tecnologie sono parte integrante della vita reale.
Molti improvvisano però nello sviluppo della loro strategia digitale, perché c’è ancora una grande confusione, come in tutte le cose relativamente nuove: i cosiddetti “New Media”, anche se sono disponibili già da diverso tempo, devono ancora essere assorbiti adeguatamente dalla società e dalle aziende.
Conosciamo la televisione da molto più tempo rispetto a internet, quindi è normale avere un tasso di esperienza minore per quest’ultima, siamo ancora in una fase di apprendimento. Dopo un po’ le cose prendono però una loro dimensione e i più veloci, come sempre, avranno la meglio.
Va comunque sottolineato che la strategia di comunicazione e di Brand non può essere esclusivamente digitale, perché il digitale può essere potentissimo, ma il modo in cui comunica non è ancora per tutti. Basti pensare che le performance delle campagne solo digitali sono sempre inferiori a quelle delle campagne che uniscono al digitale i mezzi tradizionali, che tra l’altro sono sempre più digitalizzati”
Marketing Technologies, quanto incidono sulla shopping experience?
“Tutto molto bello, però tendiamo sempre ad esagerare. Ad esempio, l’auto che si guida da sola, da quanti anni se ne parla? Ma quando guiderà davvero da sola? Il problema delle nuove tecnologie è la loro diffusione, la penetrazione sul mercato, non quanto se ne parla sui giornali e online.
Credo che sia necessario liberarsi dall’aspettativa che c’è dietro a certi concetti, certe parole. Le tecnologie ci aiutano a vivere meglio, però il nostro tasso di assorbimento delle novità è limitato dalle resistenze al cambiamento del sistema nel suo complesso. Individualmente possiamo anche sognare l’auto che guida da sola, ma poi ci vogliono strade e città adeguate a questo sistema di guida e allora l’innovazione deve essere anche culturale e multi-sistemica.
Ad esempio, per quanto riguarda la comunicazione nel punto vendita, le nuove tecnologie sono affascinanti, ma ancora una volta non possono sostituire del tutto le metodologie più tradizionali di vendita. Questo perché l’evoluzione della tecnologia va sempre più veloce rispetto alla capacità di assorbimento che hanno le persone. Ricordiamoci che ancora oggi in Italia c’è gente che non usa il bancomat. Figuriamoci se è pronta per la Realtà Virtuale o le Intelligenze Artificiali.
E’ necessario il buon senso, parola d’ordine valida sempre e ovunque. Le cose nuove sono belle da leggere sulle riviste specializzate e non, ma bisogna rendersi conto che la loro penetrazione è ancora modesta. Quindi grande disponibilità per il futuro di queste tecnologie, ma c’è un presente che va vissuto con grande buon senso e sfruttando a pieno le potenzialità di ciò che già abbiamo.”
Un Marketing Agile è utile?
“La parola Agile è il gossip del momento e sicuramente una tendenza di fondo irreversibile. “Se non sei agile, sei finito”, devi diventare capace di cogliere i segnali deboli del mercato per cambiare velocemente, cambiare la tua organizzazione.
I retailer, in questo senso, sono già i più agili di tutti, avvantaggiati dal fatto che possono intervenire in diretta sugli scaffali, gli assortimenti, la disponibilità dei prodotti. Mi viene in mente quanto fa Amazon quando mette in prevendita un articolo non ancora disponibile: se un consumatore lo pre ordina e il prezzo scende durante il periodo di non disponibilità, te lo venderà comunque al prezzo d’acquisto più basso. Un bellissimo modo di essere agili e customer oriented, agevolando i pionieri, i primi ad acquistare il prodotto.
Oggi le marche hanno però il problema di avere un valore chiaro per il consumatore in modo da non mandarlo in confusione: spesso le strutture più piccole sono agevolate rispetto alle big corporation che sono più lente a modificarsi ed adattarsi, perché l’agilità va spesso a vantaggio di chi è più piccolo, snello e online. M ci sono anche casi di aziende grandi che sanno essere molto agili ed eccellenti.”
Di contro le piccole aziende fanno fatica a reperire e analizzare dati…
“Certo, il fenomeno dei big data e soprattutto la capacità di interpretarli è a vantaggio dei grandi perché hanno strutture dedicate a leggerli ed interpretarli. Il piccolo può avere tanti dati, ma non sa cosa farne perché non ha la cultura dell’informazione o non ha la struttura adatta all’analisi.
C’è un terreno sicuramente interessante per chi si occupa questi servizi alle PMI che sono il tessuto vitale e più positivo del nostro Paese.”
Qualche ultima parola per riassumere i principi fondamentali di Superbrands
“Sono convinto che ci sia sempre bisogno di (super) eroi nel mondo.
Tanti si chiedono “Ma è ancora tempo di eroi?” Io dico di sì.
I Superbrands sono i supereroi odierni nel mondo delle marche e dei consumi: il costume che indossano non è certo per essere più belli o mostrarsi di più, ma è per farsi riconoscere e mettere i loro poteri, di innovazione, di relazione, di comunicazione, al nostro servizio per vivere meglio. Per essere sempre più parte delle soluzioni ai problemi dell’umanità.
“Da grandi poteri, derivano grandi responsabilità” e come Peter Parker deve essere l’Uomo Ragno, anche i Superbrands non possono accontentarsi del profitto e di vendere di più. Devono fare la loro parte per essere rilevanti e soddisfare non solo le esigenze razionali, ma soprattutto quelle emozionali, contribuendo ad un reale miglioramento della qualità della vita. Hanno la responsabilità di quello che fanno e sono sotto gli occhi di tutti. E proprio per questo, se vogliamo che agiscano insieme per il bene comune, un po’ come gli Avengers, dobbiamo aggregarli in un movimento condiviso. Dobbiamo fare in modo che si incontrino e lavorino su temi comuni per avere un impatto reale sulla qualità della vita. Io li chiamo Superbrands e dal loro impegno mi aspetto che nasca davvero un futuro migliore”
Marketing Technology ringrazia Sergio Tonfi e Superbrands per aver condiviso un quadro molto interessante sul Branding e la sua evoluzione. In un’era in continuo sviluppo come la nostra le marche possono rappresentare dei veri e propri supereroi, amici che ci guidano e ci permettono di non perderci lungo la strada. In altre parole, ci introducono a nuovi sviluppi in termini tecnologici e di responsabilità sociale e quindi ci permettono di evolverci con loro. Spetta alle aziende – grandi o piccole che siano – capire il giusto modo di incanalare il potere che hanno a disposizione, perché come ci ha giustamente ricordato Sergio: “Da grandi poteri, derivano grandi responsabilità”.