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CONSUMATORE: si parla di ConsumerCentricity
I consumatori non sono più gli attori passivi di un tempo, non sono più spinti a scegliere tra un marasma di prodotti standardizzati e a subire un’asimmetria informativa dilagante. Al contrario, la direzione odierna vede il consumatore al centro del sistema: più informato, più critico, più curioso, ma anche maggiormente suscettibile e meno fedele.
Pregi e difetti di questo attore in continua evoluzione vengono declinati attraverso lo sviluppo digitale, definendo così dei consumatori smart ma esigenti che, abituati agli acquisti online, pretendono lo stesso grado di servizio in store.
Uno spunto utile per delineare il quadro parte dallo studio del gruppo di consulenza CapGemini Consulting, che evidenzia alcuni dati:
- 3/4 dei 6000 consumatori intervistati vorrebbe controllare la disponibilità di un prodotto prima di spostarsi al punto vendita;
- il 40 % considera il recarvisi al pari di una mansione domestica;
- il 32 % preferirebbe lavare i piatti.
Quindi, tendenzialmente, il potenziale cliente si aspetterà che il prodotto di cui ha bisogno sia sempre disponibile, oppure che lo sforzo di visitare il punto vendita debba essere compensato da un’esperienza migliore rispetto allo shopping online o ai lavori di casa.
Una valida strada per rispondere al desiderio di un’esperienza d’acquisto appagante è rappresentata dallo smart retail, ovvero una serie di soluzioni applicative dedite a gestione, ottimizzazione e monitoraggio di determinati processi relativi al retail: uno tra tutti, il marketing.
Smart Retail: una possibilità concreta?
Secondo una ricerca condotta dall’Associazione Nazionale Coopertative Consumatori (ANCC) di COOP, il 93% dei consumatori intervistati ha dichiarato di essere incuriosito e pronto a sperimentare soluzioni innovative, in particolare:
- il 75% è interessato a supermercati intelligenti, senza code per pagare o la necessità di scansionare i codici a barre dei prodotti;
- il 58% vorrebbe provare i camerini virtuali che danno la possibilità di visualizzare un proprio avatar che indossa i vestiti desiderati;
- 45% utilizzerebbe la Realtà Virtuale [un esempio interessante può essere Ikea VR Experience;
La strada sembrerebbe spianata in quanto il 70% dei consumatori viene classificato come omnicanale (Nielsen 2016), nonostante i negozi fisici rimangano comunque un punto di riferimento per il 99% dei questi (Unione Nazionale Consumatori, 2016).
RETAIL: una corsa persa?
Considerando l’altro versante, c’è da chiedersi quanto la parte Retail stia sfruttando questa opportunità. Benché vi siano tentativi interessanti, come il caso della VR di Ikea, la “corsa” sembra vinta dai consumatori. In altre parole i retailer non riescono a tenere il passo, soprattutto in Italia dove il mercato è storicamente caratterizzato da imprese e struttura distributiva polverizzati. Inoltre, pare esserci una certa avversione all’utilizzo di forme distributive diverse dagli store tradizionali (circa il 60% sul totale, Fonte: ANCC di COOP).
Secondo l’Osservatorio Innovazione Digitale nel Retail del Politecnico di Milano, lo sviluppo procede a rilento perché si investe poco e senza una strategia di fondo a supportare l’implementazione. In particolare sono due le aree di interesse: back-end e front-end.
Molta attenzione viene posta sulle attività di back-end, potenziando sistemi di CRM, fatturazione elettronica, o BI Analytics, con l’obiettivo di ottenere performance più efficienti.
Vengono invece tralasciate quelle dedite al front-end, che però godono di maggiori potenzialità in termini di fidelizzazione del cliente. Basti pensare ai possibili sviluppi della realtà aumentata nel campo dell’abbigliamento oppure alla costruzione di percorsi ottimizzati per il settore alimentare, considerando i dati forniti in precedenza sui desiderata dei consumatori.
In termini assoluti la spesa per l’innovazione tecnologica è davvero esigua: si parla di un 1% del fatturato, anche se gli investimenti sono in crescita [si va da un 15% nel 2015 ad un 17% nel 2016].
Infine, secondo il 58% dei retailer italiani la digitalizzazione si sta muovendo troppo lentamente (Fonte: CapGeminiConsulting), perché molto spesso non si riesce a calcolare il ritorno in termini di investimento oppure, nonostante si investa in tecnologia, lo si fa per innovazioni considerate secondarie dal consumatore.
Tirando le somme…
Il quadro che viene a delinearsi risulta chiaro: è necessario che il Retail capisca che un investimento per lo sviluppo digitale, con la giusta strategia di fondo, può fare la differenza nel proprio business. E’ possibile anche partire con passi davvero piccoli, come la semplice installazione di postazioni di ricarica per gli smartphone in store che ha riscosso un discreto successo.
Per quanto riguarda il consumatore, i dati suggeriscono quanto sia pronto e disponibile a sperimentare nuove soluzioni che rendano la sua esperienza d’acquisto appagante; in sostanza non ci si dovrà più limitare al soddisfare dei bisogni, piuttosto sarà necessario contribuire ad alimentare e realizzare dei sogni.