Keynote Apple, Settembre 2014, vengono presentate le nuove creature di Cupertino e tutti sono in visibilio.
Nuovo iPhone, il mai visto prima Apple Watch, ma nell’elenco c’è un servizio molto interessante, a cui vengono dedicati pochi minuti, si chiama Apple Pay.
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Cose già viste
Apple Pay è un sistema di mobile payment e digital wallet, niente di nuovo rispetto ai diretti concorrenti, anzi sembra essere arrivato tardi.
Basti pensare a Google Wallet, made by Google Guys, che viene lanciato ben 3 anni prima.
Eppure tutti i servizi precedenti a quello di Apple, non prendono così piede e non vengono sfruttati come invece meritavano.
Perché mai Apple ha voluto tuffarsi in un mercato dove già altri erano intervenuti, ma senza grandi risultati?
Semplice…perché in questi casi Apple mostra i denti.
Gli squali fanno smart business
I pescecani sono grandi predatori, perché avvistano, pianificano e alla fine attaccano senza compromessi, con il solo ed unico scopo di portare a casa l’obiettivo.
Gli squali di cui parliamo sono determinati, hanno la visione del terreno di gioco e sanno come attaccare.
Apple due anni fa è entrata in un mercato che sembrava poco favorevole, ma la strategia che aveva preparato le ha permesso ancora una volta di dettare le regole e piegare la realtà dei fatti.
Secondo una previsione di Gartner, nel 2018 il 50% dei consumatori utilizzerà dispositivi wearable o i loro smartphone per eseguire pagamenti.
Non si può sapere quale sarà la fetta di ciascun fornitore di servizi, ma quello che al momento è certo, è che il servizio Apple viene utilizzato in circa 110 catene di negozi tra cui: Coca Cola, Nike, Best Buy, Lego, Mc Donalds, etc.
Il numero complessivo degli esercenti sembra aggirarsi sui 10 milioni.
“Un terreno sul quale avanza con difficoltà sia tu che il nemico, è non risolutivo. Su tale terreno, anche se il nemico ti offre un vantaggio, non avanzare. Invece, indietreggia e induci metà delle forze nemiche a venire avanti. Poi vai all’attacco, e vincerai.” – Sun Tzu
Come?
I numeri però non sono tutto, lo dico perché per quanto possano colpire e infatuare gli utenti finali, questi in realtà sono attratti e interessati dalle caratteristiche del servizio e a cosa ha da offrire.
- Dalla plastica al software
Le carte di credito non saranno più fisiche, ma si trasformeranno in software, vengono registrate all’interno del digital wallet dello smartphone, senza necessità di averle a portata di mano. - Device Account Number
Apple pay non esegue una reale memorizzazione dei dati della carte di credito, ma registra dei token criptati che vengono associati ad esse.
In fase di registrazione della o delle carte, le informazioni saranno mandate criptate alla vostra banca, in modo che Apple non possa conoscerle.
Una volta che la banca ha fatto i dovuti controlli e confermata la carta, ad essa sarà assegnata un Device Account Number che verrà registrano nel vostro dispositivo Apple all’interno del Secure Element, un chip di sicurezza per la memorizzazione di tali informazioni. - Impronta digitale
Per concludere nulla può avvenire senza che il device sia abbastanza vicino al lettore di pagamenti affinché il chip NFC (Near Field Communication) possa comunicare e che voi non abbiate usato la vostra impronta digitale sul lettore del vostro smartphone, per avviare la transazione.
In poche parole se il dispositivo vi venisse rubato potrete dormire sogni tranquilli e disperarvi solo per tutti i selfie che vi sarete scattati e che non avete sincronizzato con iCloud o iTunes.
E per il vostro smartphone ovviamente.
Invasioni barbariche
Pochi mesi fa l’espansione di Apple Pay è giunta in Canada, Singapore e in Australia e in questi mesi, grazie alla partnership con AMEX, ci sarà un ulteriore “invasione” in Spagna, Hong Kong, Francia e Brasile.
Il servizio sembra non stia portando grande fatturato al colosso di Cupertino, ma è in forte crescita tanto che Tim Cook, CEO di Apple, ha affermato che il numero di transazioni rispetto all’anno scorso è aumentato di cinque volte.
Difficile credere che Apple non abbia pensato al fatturato e alla sua remunerazione, ma per questa volta ci piacerà credere che l’abbia fatto per il suo Kudos.