Nell’ambito del retail, si tratta principalmente di creare nei punti vendita una certa atmosfera e di “teatralizzarli“, rendendoli luoghi in cui non viene effettuato l’acquisto fine a sé stesso, ma nel quale vengono compiuti atti edonistici che danno vita ad un importante legame tra brand e clienti.
Tutto questo comporta delle difficoltà e dei rischi da considerare: prima di tutto le attrezzature da predisporre rappresentano dei costi ulteriori, che vanno quindi sostenuti in modo oculato. Bisogna poi tenere conto del fatto che la percezione delle variabili sensoriali dipende dall’interpretazione dei singoli soggetti, pertanto bisogna cercare di capire le differenti reazioni possibili per intervenire in modo adeguato
Strategic Experiential Modules
Secondo Schmitt le esperienze possono essere divise in 5 gruppi, chiamati da lui SEM (Strategic Experiential Modules):
1. SENSE experiences, ovvero esperienze che coinvolgono i cinque sensi. è possibile rendere la propria offerta unica in ogni fase del processo di acquisto, dalla fase pre a quella post. Perugina ad esempio consente, nella sua fabbrica aperta al pubblico, di assaggiare diversi prodotti. Un piacere per il palato ma non solo! Un altro caso è quello di Illy, che ha realizzato un laboratorio per gli studi relativi ai processi fisico-chimici che stanno dietro a un aroma.
2. FEEL experiences, le esperienze che vengono costruite attorno ai sentimenti dei clienti per far sì che assumano un valore affettivo. Si pensi ad Apple, che genera un forte senso di appartenenza verso il brand diventando rappresentante di un certo status symbol ( persone appassionate di tendenze, nuove tecnologie e che cercano prodotti dal design unico).
3. THINK experiences, quelle esperienze che fanno riflettere i consumatori, impegnandoli dal punto di vista creativo. Si tratta di stimoli più duraturi rispetto ad altri, che utilizzano l’informazione testuale e domande lasciate senza risposta. Anche qui Apple rappresenta un valido esempio: con il suo “think different” ha sempre esortato i consumatori a pensare con la propria testa, a volte anche in modo divergente perché proprio questo può portare a qualcosa di rivoluzionario.
4. ACT experiences, le esperienze che puntano sull’attività fisica, sull’impiego di energie. Questa tipologia di marketing viene impiegata soprattutto dalle aziende di abbigliamento sportivo, che utilizzano degli slogan talmente ripetuti e noti che ormai sono diventati espressioni del gergo comune: “Just do it” di Nike o “Impossible is nothing” di Adidas.
5. RELATE, quel tipo di esperienze che racchiude tutte le altre. Va oltre i sentimenti privati e della sfera individuale, mette in relazione la singola persona con la società, con diverse culture e punti di vista. Un esempio è rappresentato da Mastercard e dal suo celebre slogan “ci sono cose che non si possono comprare, per tutto il resto c’è Mastercard”, con cui ha creato una vera e propria filosofia di vita basata sul godimento della vita reale offline in contrapposizione con la vita online. Si tratta di una pubblicità in cui non vi è solo il prodotto, ma il messaggio va oltre, parla del soggetto inserito nel contesto sociale, nella comunità, e delle relazioni che da ciò ne conseguono.
Come stimolare i 5 sensi con il marketing sensoriale:
1. VISTA: è il senso più stimolato. Circa l’80% delle informazioni vengono percepite dall’uomo tramite la vista. Si tratta infatti del primo contatto che riesce a stabilirsi tra i consumatori ed il brand. Talvolta si arriva a parlare di “inquinamento visivo” perché i consumatori vengono esposti in modo eccessivo alle immagini. Bisogna capire quindi come comunicare il proprio messaggio in modo costruttivo perché il rischio è quello di ottenere l’effetto contrario, ovvero confusione e disorientamento. Ad esempio le tinte vanno trattate con attenzione tenendo conto degli stati d’animo che possono provocare: quelle vivaci e calde tendono a rendere gli individui più attivi, mentre quelle fredde più riflessivi e rilassati. Dal punto di vista del retail sicuramente un buon gioco di luci ed una scelta adeguata di colori può influire molto sulla valorizzazione dei prodotti dai punti vendita, si pensi per esempio a Sephora che utilizza nei negozi un layout minimalista in cui prevale il colore nero che prima di tutto valorizza i cosmetici ed inoltre evoca la femminilità ed il lusso. D’altronde non è vero che “un’immagine vale più di mille parole”?
2. TATTO: il packaging non deve semplicemente proteggere il prodotto, ma deve distinguerlo dagli altri fornendogli un aspetto unico. Dolce e Gabbana ha creato delle confezioni per alcuni dei propri profumi in velluto, un tessuto pregiato, morbido al tatto, che rappresenta il lusso e richiama la consistenza degli antichi tappeti siciliani, della terra tanto amata dei due stilisti, le cui contaminazioni sono continuamente presente nei prodotti del brand. Anche negli store l’utilizzo di determinati materiali giustifica il posizionamento di una certa azienda. Ad esempio, l’uso di legno pregiato e di moquette spessa nei punti vendita Ralph Lauren è un fattore indicativo della sua appartenenza al settore luxury.
3. UDITO: la stimolazione dell’udito è molto importante per aumentare la permanenza in negozio oltre che per esprimere il posizionamento del marchio. La musica ha poi un forte impatto sulla scelta da parte del consumatore dei prodotti da acquistare, della percezione del brand e anche del punto vendita. Ad esempio da Tiger, nota catena danese di prodotti low cost, si vuole creare un’atmosfera ludica grazie all’atteggiamento scherzoso dei commessi, ai colori ed alla disposizione dei prodotti e ai temi che determinano gli assortimenti, la musica allegra e vivace, spesso scelta anche in base al periodo dell’anno, contribuisce al mood giocoso.
4. OLFATTO: è scientificamente provato che l’utilizzo di fragranze all’interno del punto vendita, provoca nel cliente un’esperienza piacevole e memorabile. Il profumo di Abercrombie&Fitch,grazie alla sua firma olfattiva ha reso il marchio riconoscibile e gli ha consentito di guadagnare molti consumatori affezionati e fedeli. Ma oltre a consentire una facile memorizzazione e ad aumentare la permanenza in negozio, degli odori piacevoli contribuiscono ad una migliore percezione del prodotto. Basti pensare a quando una borsa emana un buon odore di pelle e noi pensiamo che essa sia di buona qualità.
5. GUSTO: il gusto è ovviamente il senso preponderante nel settore agroalimentare, le cui aziende sono solite organizzare seminari legati alla cucina o alle degustazioni non solo per far conoscere la propria offerta, ma anche per rendere i consumatori più attivi e coinvolti attraverso la prova diretta dei propri prodotti. Tuttavia i marchi del fashion hanno cercato di sfruttare questa leva per offrire servizi complementari alla vendita dei propri prodotti al dettaglio. Un esempio è costituito dall’Emporio Armani Caffè, un luogo di classe in cui si incontrano cibo di alto livello e fashion. Qui i clienti vengono “coccolati” dal buon cibo e da un personale disponibile e competente; una combo vincente che non può che generare un’esperienza d’acquisto unica nel suo genere.
Una corretta adozione delle tecniche di marketing sensoriale può portare ad un aumento della notorietà dell’azienda rafforzandone l’identità. Per rendere la shopping experience sempre più personalizzata, coinvolgente e appagante, i punti vendita devono essere in grado sempre più di stimolare i cinque sensi.