Durante questa perlustrazione digitale ci si trova a spulciare diversi siti aziendali, partendo in genere dalla sezione About dove si leggono narrazioni fra le più varie: da quelle altisonanti e pompose ad altre più semplici e lineari.
Tra tanti un esempio può essere: “Sinesy Innovision è un’azienda che offre soluzioni digitali, un luogo aperto all’innovazione funzionale. Con oltre 30 anni di esperienza nel settore retail, propone strumenti digitali integrabili alla strategia di marketing aziendale, migliorandone i processi e garantendo una gestione più efficace delle relazioni con la clientela.”
In sostanza Sinesy è un KIBS. Cioè?
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I KIBS in breve
L’acronimo sta per Knowledge Intensive Business Service, aziende che forniscono servizi ad alto contenuto di conoscenza.
Possono essere identificate come KIBS quelle imprese che offrono:
– servizi ICT (studi di ricerca e sviluppo, progettazione, sviluppo software)
– studi di marketing, comunicazione, design e ricerche di mercato
– servizi professionali (studi legali, di contabilità, consulenza)
È comune distinguerle tra T-KIBS e P-KIBS. Mentre le prime utilizzano conoscenze scientifiche e tecnologiche, quindi specializzate in servizi R&S, informatici, ingegneristici, le seconde forniscono servizi più tradizionali, come assistenza legale, contabilità, marketing.
Cosa li contraddistingue
Quando si parla di questa tipologia di aziende si presuppone che i servizi forniti richiedano un personale altamente qualificato – knowledge intensive – e le prestazioni offerte siano personalizzate – client oriented – e volte a risolvere problemi specifici – problem solving – della clientela.
Possiamo figurarli come nodi di un network abitato da clienti, enti pubblici, università, centri di ricerca e fornitori. Fulcri che supportano il processo innovativo interno delle aziende. Veicoli, o anche fonte stessa, dell’innovazione. Infatti le loro attività permettono di generare nuove conoscenze che vengono poi condivise tra cliente e fornitore, azionando un circolo virtuoso di creazione del valore.
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In Italia
Il database AIDA – analisi informatizzata delle aziende italiane – descrive un quadro italiano chiaro: nel 96% circa dei casi i KIBS sono piccole imprese con meno di 50 dipendenti. Degno di nota è il fatto che il 90% di queste siano micro imprese con meno di 10 lavoratori, specchio di una realtà italiana che difficilmente tende all’aggregazione.
Le regioni più popolate dai KIBS sono Lombardia (26%), Lazio (15%), Emilia Romagna (8,5%) e Veneto (8,3%). Le altre si dividono un numero abbastanza esiguo di aziende (dal 4% al 0,2%).
Al contempo le specialità su cui si concentrano maggiormente sono:
– Attività di direzione aziendale e di consulenza gestionale (27%)
– Produzione di software, consulenza informatica e attività connesse (16%)
– Studi di architettura e ingegneria (13%)
– Pubblicità e ricerche di mercato (9%)
Un settore in continua evoluzione
Negli anni le imprese KIBS sono cresciute rapidamente in tutta Europa spinte da cicli di innovazione tecnologica brevi e rapidi. Attraverso l’utilizzo di strumenti dalle elevate potenzialità applicative come app e cloud hanno imboccato il sentiero giusto verso il superamento di un limite sulla produttività che le affligge da sempre.
Standardizzando le best practice, rendendole dei “prodotti” disponibili immediatamente grazie alle tecnologie di archiviazione, si ottengono servizi più efficienti che possono essere ricombinati in offerte personalizzate, in modo da soddisfare bisogni diversificati. Si raggiungono così alti gradi di customizzazione ed efficienza, due aspetti solitamente in disaccordo nel settore terziario.
Ripensando al caldo pomeriggio di Giugno, adesso si avrà un tassello in più per proseguire nella propria ricerca. Nei KIBS si cela un potenziale enorme, in termini di innovazione, che può fare al caso di chi vuole ottimizzare la propria attività lavorativa. Ma quale sarà quello adatto alle proprie necessità?