Esempi di Gamification nel Retail Marketing

Retail Marketing

esempi di gamification
Che ruolo avrà il Retail nella nuova rivoluzione industriale che porterà con sé l’intelligenza artificiale, analisi dei big data, realtà aumentata e virtuale, oggetti intelligenti e interconnessi?
Apple, per esempio, nei suoi store ha puntato sull’integrazione tra fisico e digitale e, recentemente, sulla customer experience.
Come possiamo offrire esperienze uniche e coinvolgenti ai clienti?
Una possibile soluzione può venire dai giochi e dalle tecniche di game design, che da millenni divertono miliardi di persone nel mondo. In questo articolo vedremo uno degli esempi di gamification nel retail di maggior successo.

Esempi di gamification: eMart’s – Retail Case Study

eMart’s è il più grande retailer della Corea del Sud. Durante delle analisi interne, l’impresa aveva notato un calo di traffico e fatturato nei centri commerciali a ora di pranzo.
Per risolvere il problema eMart ha lanciato una campagna chiamata “Sunny Sale”: delle statue molto strane e astratte sono state posizionate davanti i centri commerciali, che dalle ore 12.00 alle ore 13.00 si trasformavano con la luce del sole in un QR code.

L’installazione funzionava come una meridiana, l’ombra si spostava con le ore del giorno fino a delineare il simbolo scannerizzabile con il cellulare. Il QR code regalava un Coupon che i clienti potevano utilizzare dentro l’eCommerce.
La campagna ha incrementato le vendite del 25% durante l’ora di pranzo, facendo scaricare 12.000 coupon e aumentando le membership a eMart del 58% rispetto al mese precedente, per non parlare del grande impatto mediatico ottenuto in tutto al mondo. L’iniziativa Sunny Sale è un ottimo esempio di gamification e customer experience omnichannel.

Cosa si nasconde dietro la campagna di eMart?

La campagna di eMart usa una tecnica di game design chiamata “dinamica di appuntamento” (appointment dynamic), tramite la quale i giocatori devono fare qualcosa entro un tempo determinato e in un posto specifico in cambio di una ricompensa. Ecco alcuni esempi di gamification per comprendere al meglio questa tecnica:

  1. Happy Hour: per ottenere uno sconto sui drink devi recarti al bar (luogo) con i tuoi amici a una determinata ora (tempo).
  2. Farmville: un gioco per smartphone in cui l’utente deve costruire una fattoria e gestire le piantagioni circostanti. Ha una dinamica temporale per cui devi ritornare a una certa ora per innaffiare le tue coltivazioni (finte), altrimenti moriranno. In questo modo ogni giorno milioni di utenti entrano dentro l’applicazione (luogo) e rimangono incollati allo schermo. Con questa dinamica temporale l’utente non viene premiato una volta svolta l’azione desiderata, ma evita una condizione negativa/punizione.
  3. Nike: per comprare le scarpe Vapormax in edizione limitata devi correre 5 km ogni domenica (tempo), per tre settimane di fila utilizzando l’app Nike+ (luogo).

Quando si gestisce un progetto, un passaggio di fondamentale importanza è coinvolgere i propri utenti, in modo continuativo e per tutto l’intervallo di tempo desiderato. La gamification e le dinamiche temporali sono uno strumento che può aumentare tale coinvolgimento.


Leggi anche:
Digital Engagement: coinvolgere i clienti con la Gamification


Questione di Trigger

Le dinamiche di appuntamento funzionano molto bene perché sono innescate (trigger) da una condizione legata al tempo.
I trigger sono dei fattori, degli stati d’animo, dei segnali in grado di innescare/scatenare un determinato comportamento. Esistono due tipologie di trigger in grado di influenzare i nostri comportamenti:
I trigger esterni si manifestano spesso sotto forma di reminder, email, pop-up, notifiche push, post-it o persone che ti dicono di fare qualcosa:

  1. Una mail e una pubblicità su Facebook (trigger) ti ricorda che hai lasciato nel carrello di Zalando il tuo paio di scarpe preferite, entri dentro l’app e completi l’acquisto (comportamento).
  2. Un reminder nel calendario (trigger) ti ricorda che oggi è il compleanno di un tuo caro amico. Vai a trovarlo a casa sua e ti immergi per qualche ora in una conversazione piacevole sulle vostre esperienze passate (comportamento).
  3. Una notifica push dentro l’iPhone ti dice che un collegamento molto importante ha commentato un tuo messaggio su LinkedIn (trigger). Apri l’app e vai subito a vedere cosa ti ha scritto (comportamento).
  4. Lo smartwatch ti dice vibrando che sono 2 ore che non ti muovi (trigger). Ti alzi in piedi e fai due passi dentro l’ufficio (comportamento).

I trigger interni sono degli stati d’animo, delle sensazioni in grado di innescare un comportamento. Alcune imprese sono state in grado di posizionarsi nei trigger interni, negli stati d’animo delle persone:

  1. Noia: molte persone quando sperimentano questo stato d’animo (trigger interno) prendono il telefono, aprono Facebook o Instagram e iniziano a scorrere il newsfeed o le storie (comportamento). Può capitare che Facebook stesso sia in grado di generare noia, delle volte in questi casi si salta da un social ad un altro o si ricarica la pagina per vedere nuove notizie. Ti è mai capitato?
  2. Tempo: le dinamiche di appuntamento sono un trigger interno legato al tempo. Per esempio: ogni venerdì ti ricordi che devi buttare la spazzatura per la raccolta differenziata, il mercoledì alle 5 devi andare in palestra, una volta al mese ti viene accreditato lo stipendio e controlli il conto corrente e il venerdì alle 18 vai a fare aperitivo con gli amici.
  3. Vedere un bel paesaggio: durante una vacanza in un paese completamente nuovo capita di vedere paesaggi mozzafiato (trigger). La prima cosa che molte persone fanno è prendere in mano il telefono, scattare una foto e pubblicarla su Instagram (comportamento).

Il rito dell’abitudine

L’esposizione continua a trigger che stimolano comportamenti in grado di ricompensare gli utenti può creare nuove abitudini nelle persone. Probabilmente la definizione di rito dell’abitudine di Wikipedia ti farà venire in mente qualcosa:

Il concetto spiega come molte delle abitudini, sia umane che animali, non sempre siano spontanee, ma vengano in modo automatico, quasi inconsciamente. Si è arrivati a dividere il compiersi di un’abitudine (appunto, il rito dell’abitudine) in un ciclo di tre fasi, denominato Habit Loop:

  1. Il segnale: la conseguenza di una particolare condizione (ambientale, emotiva…) che necessita di una gratificazione, e che spinge il cervello a svolgere la routine per ottenerla.
  2. La routine: l’azione che avviene in seguito al verificarsi del segnale, che può essere fisica (azione compiuta), mentale (pensiero) o emotiva (variazione dello stato d’animo).
  3. La gratificazione: la ricompensa ottenuta dallo svolgersi della routine. È l’elemento che rafforza lo svolgersi del rito dell’abitudine. Prendendo come esempio il vizio del fumo (di per sé, un’abitudine), il segnale è la necessità del corpo di avere la nicotina (oppure la voglia di avere la sensazione che offre), la routine consiste nell’azione di fumare, mentre la gratificazione è il senso di sollievo che la nicotina stessa offre al fumatore. (Wikipedia)

I trigger esterni ed interni e le dinamiche temporali vengono utilizzati per generare nuove abitudini con altre tecniche di game design. Legare un prodotto o un marchio ad una condizione soggettiva, come la noia nel caso di Facebook, rappresenta un vantaggio competitivo molto forte. E ognuno di noi sa bene quanto difficile sia sradicare una brutta abitudine.

“In genere le catene dell’abitudine sono troppo leggere per essere avvertite finché non diventano troppo pesanti per essere spezzate.
– Samuel Johnson –

In questi casi è molto importante creare delle buone abitudini nei propri utenti, in linea con i loro desideri. La gamification è uno strumento in grado di migliorare la vita delle persone e non va utilizzato per creare dipendenze o vizi. Nei prossimi mesi tratterò nel dettaglio altri esempi di gamification di successo, approfondendo il tema delle abitudini.

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